PERSONE

Migrant story telling #05

di Valentina Avoledo

Parliamo di migranti. Il lessico si è ingentilito, si stanno estinguendo parole come “clandestino” o “vu cumprà” (troppo anni 90) ma le intenzioni sono peggiorate. Da qualsiasi parte la si guardi “l’emergenza” è riuscita a cambiare la percezione dei fatti, dividendoci in due gruppi senza sfumature in cui si è o “buonisti” o “fascisti”, segno dell’enorme deficit descrittivo di un fenomeno pieno di variabili. Ogni giorno mi chiedo se “l’emergenza migranti” sia una prova di civiltà o una scusa per impoverire quelli che si sono rassegnati alla povertà, non la povertà dei mezzi e dei guadagni, ma la povertà del futuro “a uso transitorio” e a cedolare secca.

In fondo, ognuno ha il proprio progetto migratorio: vagare da un contratto a un altro, mettere via i soldi per l’intercontinentale, imparare l’inglese, prendere lezioni di tango, partire per l’Erasmus, mangiare sushi, comprare una tenda e uno zaino da trekking, eccetera. Nessuno di questi progetti prevede la morte o la fuga da una città in guerra. Già questo sarebbe sufficiente per provare un accenno di comprensione verso chi è costretto a farlo. La questione è talmente sfaccettata che non mi sento di spenderci le trite parole che tutti osano, credo sia sufficiente ricordare come la gran parte degli interessi delle nazioni sia concentrato sul potenziale economico dei cosiddetti “paesi in via di sviluppo” e molto meno sullo sviluppo umano dei suoi abitanti. Come se il causa-effetto che regola il mondo intero non valesse per l’equazione: impoverimento = fuga.

Al di là delle analisi economiche, geopolitiche e sociali, rivendico il diritto allo sdegno verso l’indifferenza e l’ignoranza che gravita intorno all’idea comune sui migranti.

Io li conosco, li conosco personalmente. Mi occupo di insegnare loro l’italiano, lo faccio da qualche anno. Ho conosciuto diverse decine di richiedenti asilo, asiatici e africani, perlopiù uomini, per la maggior parte musulmani. Cercherò di raccontare chi sono i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati politici, nella speranza che possano avere una voce, o magari solo un ritratto scritto. Per proteggere la loro identità chiamerò i maschi Mhm1, Mhm2 eccetera (Mhm sta per Muhammad) e Ftm1, Ftm2… (Fatima) le donne.

Mhm #04

La rotta balcanica ha portato al Nord-est soprattutto asiatici. Afghani, curdi e siriani ricevono lo status di rifugiati quasi con certezza, più difficile per i pakistani, se non quelli che abitano nei confini dei focolai. Ciò fa pensare che le commissioni territoriali operino ragionando sulla provenienza e non sulla storia personale, che dovrebbe essere il metro di giudizio per assegnare l’asilo politico. Non c’è altra via per restare in Italia regolarmente. Gli africani sono i più penalizzati nell’iter dei documenti: c’è un generico continente, grande e variegato, con guerre tribali e riti vudù. Terra secca e denti bianchi.
Un’estate, prima delle vacanze, ho chiesto alla mia classe di scrivere un diario. Nessuno si impegnò a scrivere e si giustificarono dicendo che non gli succedeva nulla di degno da essere riportato. Non avevano voglia. Solo Mhm 4, ivoriano, scrisse il suo diario. Avevo dato loro un  piccolo quaderno e lui cominciò a scrivere dal fondo, in stampatello, con una calligrafia minuta e ordinata. Aveva scritto le piccole cose che faceva ogni giorno, parlava spesso degli amici ed era preoccupato che anche a lui succedesse quello che era capitato al suo connazionale, uscito dal progetto di accoglienza e in mezzo a una strada.
L’italiano di Mhm4 è annacquato con il francese, è lento, ragiona molto perché ci tiene a fare bella figura. Ogni giorno mi insegna qualcosa. Per esempio che in Africa, dopo che si è stati ospiti da qualcuno, non ci si congeda ringraziando ma chiedendo scusa. Perché l’ospite potrebbe aver offeso inavvertitamente il suo anfitrione e chiedere perdono è l’unico modo per essere certi della stima dell’altro. Un giorno mi ha guardato sgomento perché gli ho chiesto se era triste: No, maestra, io non sono mai triste, mi ha risposto. Mai? Ho incalzato, e lui calmo: No, perché comunque sono vivante, come a dire che la vita in sé non poteva che essere l’opposto della tristezza. Non mi hai mai raccontato quello che ha passato, la Libia, la traversata in mare o la sua casa in Costa d’Avorio. Non si è mai lamentato della sua situazione passata o presente, non hai mai chiesto pietosamente aiuto per qualche modulo di iscrizione. Mhm4 non parla molto, ascolta con pazienza i compagni pavoni che vogliono sempre dire la loro, e osserva con una saggezza antica e spesso chiosa con poche, centrate parole che neutralizzano tutto il blabla precedente. Vorrei potergli dire che qui non sarà trattato come uno degli ultimi ma sembra sia il destino già scritto dell’Africa.

“Nessun uomo si aprirà con il proprio padrone; ma a un amico di passaggio, a chi non viene per insegnare o per comandare, a chi non chiede niente e accetta tutto. […] Un cuore parla — un altro ascolta; e la terra, il mare, il cielo, il vento che passa e la foglia che si agita, ascoltano anche loro il vano racconto del peso della vita.”
Cuore di tenebra, J. Conrad.